a proposito di chiesa

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  1. marina.1
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    Certo...un grande benefattore....
    Mi viene in mente Totò:" Ma mi faccia il piacere!..." :wallbash.gif:
     
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  2. stemil
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    Povero Don Puglisi, si starà rivoltando nella tomba... e con lui molti altri...
     
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  3. dango
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    da rep.t

    La Santa Sede lo ribadisce in un nuovo documento
    Tonaca negata anche a chi vive la castità con difficoltà
    Vaticano: "Omosessuali
    non possono diventare preti"



    CITTA' DEL VATICANO - Niente sacerdozio per chi è omosessuale o vive il celibato con difficoltà. Lo ribadisce in modo netto il Vaticano in un nuovo documento in cui si sostiene che coloro che manifestano "tendenze omosessuali fortemente radicate" o un'identità sessuale "incerta" non posso entrare in seminario e diventare preti. La Santa Sede suggerisce anche l'uso di psicologi per valutare eventuali patologie e "ferite" psichiche dei candidati al sacerdozio. E la tonaca deve essere negata anche a chi - spiega il testo - trova difficoltà "a vivere la castità del sacerdozio".

    A tre anni da un documento della Congregazione per l'educazione cattolica (2005), lo stesso dicastero della Santa Sede pubblica un testo di più ampio raggio, "orientamenti per l'utilizzo delle competenze psicologiche nell'ammissione e nella formazione dei candidati al sacerdozio", che torna anche sul tema dell'omosessualità in seminario.

    "Il cammino formativo - si legge nel documento - dovrà essere interrotto nel caso in cui il candidato, nonostante il suo impegno, il sostegno dello psicologo o la psicoterapia, continuasse a manifestare incapacità ad affrontare realisticamente, sia pure con la gradualità di ogni crescita umana, le proprie gravi immaturità (forti dipendenze affettive, notevole mancanza di libertà nelle relazioni, eccessiva rigidità di carattere, mancanza di lealtà, identità sessuale incerta, tendenze omosessuali fortemente radicate, etc). Lo stesso - aggiunge il documento - deve valere anche nel caso in cui risultasse evidente la difficoltà a vivere nel celibato, vissuto come un obbligo così pesante da compromettere l'equilibrio affettivo e relazionale".

    Più specificamente, "nella valutazione della possibilità di vivere, in fedeltà e gioia, il carisma del celibato, quale dono totale della propria vita ad immagine di Cristo capo e pastore della Chiesa, si tenga presente che non basta accertarsi della capacità di astenersi dall'esercizio della genitalità, ma è necessario anche valutare l'orientamento sessuale, secondo le indicazioni emanate da questa congregazione".

    Nel 2005 la congregazione vaticana responsabile dell'educazione pubblicò una "Istruzione circa i criteri di discernimento vocazionale riguardo alle persone con tendenze omosessuali in vista della loro ammissione al seminario e agli ordini sacri". L'iniziativa venne assunta sulla scia dello scandalo pedofilia negli Stati Uniti, anche se, all'interno della stessa Chiesa cattolica, diverse voci si levarono contro una connessione tra pedofilia e omosessualità. "La castità per il regno - scrive oggi il dicastero vaticano - è molto di più della semplice mancanza di relazioni sessuali".
     
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  4. leon27
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    Questo si chiama discriminazione o razzismo?

    una delle due a sceltaanzi tutti e due

    lachiesa si fa sempre valere per questo
     
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  5. marina.1
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    Preti no ma.......................sì?!
     
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  6. dango
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    da rep.it

    Cartellini segnatempo e pagelle
    In Vaticano arriva la meritocrazia



    CITTA' DEL VATICANO - Tempi duri per i fannulloni. Anche se lavorano in Vaticano. Negli uffici della Santa Sede, infatti, è arrivato il cartellino. Si tratta di un "badge" elettronico a banda magnetica di colore blu. E vale per tutti: impiegati e dirigenti, laici ed ecclesiastici. Inoltre, dal prossimo primo gennaio, entreranno in funzione le schede di valutazione per misurare il rendimento e collegare le retribuzioni al merito.

    Varie le reazioni tra i dipendenti. Se le schede di valutazione sembrano apprezzate, il badge viene visto, da alcuni prelati, con sfavore. Anche perché, dicono, un controllo troppo rigido dell'orario di lavoro, specialmente dei due ritorni pomeridiani a settimana, mal si concilierebbe con le loro attività pastorali fuori dal Vaticano. E alcuni ricordando come nel 1960 papa Giovanni XXIII abolì il "segnatempo" proprio perché non consono agli ecclesiastici.

    Il cartellino versione 2008 sta gradualmente sostituendo tutte le tessere in uso in Vaticano, da quelle per accedere ai distributori di benzina o allo spaccio ai tesserini identificativi di alcuni uffici, tra i quali anche quelli di Radio vaticana.

    La scheda di valutazione, invece, "dovrà essere compilata per ogni anno di servizio svolto entro il 31 marzo dell'anno successivo, e trasmessa al Superiore dell'Ente". In copertina ci sono i dati identificativi del lavoratore, e all'interno è divisa in quattro paragrafi: dedizione, professionalità, rendimento e correttezza. Il quinto paragrafo, la valutazione complessiva, specifica che "qualora la valutazione complessiva risultasse insufficiente, essa potrà determinare l'avvio di procedure disciplinari".

    Le schede di valutazione dovrebbero aggiungere alle possibilità di carriera verticale, delle chance in "orizzontale", con le "classi di merito" che aumenterebbero le retribuzioni.

    Attualmente lo stipendio-base dei dipendenti vaticani
    va dai circa 1.300 euro del primo livello ai circa 2.300 del decimo, cui vanno aggiunti gli scatti di anzianità, le integrazioni e le indennità.

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    Commento personale: ben venga la modernizzazione se questa si puo' chiamare tale...ma di tutti i campi in cui questa Chiesa Oscurantista di oggi potrebbe applicarla, proprio questo scelgono?



     
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  7. stemil
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    CITTA' DEL VATICANO - L'ora di religione è parte integrante della scuola italiana ed è esempio di "laicità positiva". Lo ha ribadito oggi il Papa. "L'insegnamento della religione cattolica è parte integrante della storia della scuola in Italia, e l'insegnante di religione costituisce una figura molto importante nel collegio dei docenti", ha detto Benedetto XVI, come dimostra anche il fatto che "con lui tanti ragazzi si tengano in contatto anche dopo i corsi".

    ecco, ha imparato da Berlusconi e dal Grande Fratello Orwelliano: dire che una cosa è il suo contrario: L'insegnamento della religione è laicità....... mi ricorda tanto i motti del regime (peraltro di stampo stalinista) del Grande Fratello: Libertà è schiavitù... ecc ecc. era il Newspeak, si direbbe che Lui e L'altro l'abbiano ben imparato.
     
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  8. Ilvio fedele
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    ICONE NAZIONALI E UMANITA' NEGATA

    CROCIFISSI E POVERI CRISTI

    Ha qualcosa di surreale la quasi unanime levata di scudi del mondo politico italiano nei confronti della pronuncia della Corte europea dei diritti dell’uomo contro l’esposizione del crocifisso nelle aule scolastiche. Ciò per parecchie ragioni.

    1. In primo luogo per il fatto che si sono ritrovate sullo stesso versante (sia pure, ovviamente, con sfumature diverse) forze che dovrebbero avere ispirazioni ideali e radici culturali differenti: lo dico non certo auspicando una ripresa di contrapposizioni ideologiche d’altri tempi, ma perché i cittadini meriterebbero di ascoltare, dalle forze politiche che chiedono loro il voto, parole chiare e – se non è troppo – veritiere su temi forse non di immediata portata pratica, ma certamente rilevanti su terreni più profondi e di più lungo respiro.

    2. In secondo luogo perché le argomentazioni portate a sostegno della permanenza dei crocifissi sui muri delle nostre scuole sono apparse spesso (e non da una parte sola) di una superficialità desolante: quasi si potesse liquidare la sentenza come il ghiribizzo stravagante di una combriccola di sfaccendati; e non si trattasse invece di una pronuncia certo discutibile (nel senso letterale del termine), ma che ha comunque il pregio di affrontare un tema che è destinato a divenire sempre più attuale man mano che la pluralità religiosa e culturale diverrà anche da noi – come già sta avvenendo – non un’ipotesi di scuola ma una realtà attuale e irreversibile.

    3. Infine (e mi fermo qui per non debordare troppo) per il fatto che l’episodio, pur di evidente rilevanza, non sembra esser stato colto come occasione per una riflessione seria e matura sui tanti temi collegati: fra gli altri, la “crocifissione” di troppi povericristi nella nostra società globalizzata e l’opportunità di riaprire, in termini adeguati ai tempi nuovi, un serio e maturo dibattito sul rapporto fra Stato democratico e dimensione ecclesiastico-religiosa. Al primo di questi due temi dedicherò più avanti qualche considerazione.
    Se non fossero state espresse pubblicamente e messe nero su bianco, si stenterebbe a credere che, per contrastare la sentenza strasburghese e le sue motivazioni, si siano accampate argomentazioni di così misera consistenza: anzi, più volte, dei veri e propri (si suppone inconsapevoli) paralogismi. Ne cito solo due per non infierire troppo.

    a. Il paralogismo delle zucche, inventato (magari per apparire brillante) da un insigne cardinale di curia. Ha detto il porporato: questa corte vuole abolire i crocifissi mentre tutela le zucche di Halloween. In prima elementare ci insegnavano a non sommare pere e mele (croci e zucche) ma, evidentemente, a sua eminenza la maestra deve aver dimenticato di dirlo. Qui siamo dinanzi, da un lato, all’imposizione permanente di un simbolo religioso alle scolaresche, dall’altro a qualcosa di paragonabile alle maschere di carnevale, che ognuno può scegliere di esibire o meno in occasione di quella festività.
    Qualora vi sia qualche insegnante che organizzi l’intaglio delle zucche (e magari il minaccioso aut-aut “dolcetto o scherzetto”) alla vigilia d’Ognissanti, costui dovrebbe essere paragonato a quelli che allestiscono il presepio per Natale o promuovono festicciole mascherate per carnevale: che diavolo c’entri tutto ciò con il crocifisso esposto obbligatoriamente in classe, forse sua eminenza si degnerà prima o poi di spiegarcelo. Magari nel corso di un’apposita, dottissima omelia.

    b. Il paralogismo delle icone e delle bandiere. Dice: il paesaggio italiano, dal centro di Roma alle più sperdute pievi di campagna, è pieno zeppo di croci, di madonne, di simboli cristiani. Che vogliamo fare? Abbatterli e cancellarli tutti per non offendere la sensibilità dei musulmani e dei miscredenti d’ogni risma? La nostra arte e la nostra letteratura esalano cristianesimo da tutti i pori. Dobbiamo, allora, vietare la Divina Commedia e imbracare pudicamente tutti quei santi dipinti e scolpiti in ogni dove?
    Ma c’è di più. Le bandiere di molti Stati ostentano proprio il simbolo della croce: quella britannica ne reca addirittura tre sovrapposte. E poi c’è la Croce Rossa, il cui nome corrisponde letteralmente al suo simbolo. Come la mettiamo? Chiederemo alla Svezia, alla Svizzera e a un’altra mezza dozzina di Stati di riporre nel cassetto le loro bandiere? O vedremo i malati d’altra fede agonizzare sulle soglie dei nostri ambulatori perché quella croce scarlatta impedisce loro d’entrare? A queste farneticazioni si può opporre soltanto l’esclamazione di Totò: ma mi facci il piacere…
    Che la nostra storia, la nostra cultura, la nostra immagine di nazione siano legate in misura preponderante alla tradizione cristiana (e più specificamente a quella cattolica[1]) è un dato innegabile. E chi vive in Italia, o anche semplicemente la visita, non può pretendere di negarlo. Del resto nessuno, penso, si sente offeso dalla mezzaluna che campeggia sulle bandiere di molti Stati a maggioranza musulmana (compresa la laica Turchia), né dal fatto che, dovendo chiamare un’ambulanza mentre di trova in uno di tali paesi, veda accorrere un’auto che ostenta non una croce, ma una mezzaluna rossa. Mentre, se gli capita di aver bisogno di soccorso a Tel Aviv, dovrà rivolgersi alla Stella di David Rossa.
    Altro discorso sarebbe quello da tenere nei confronti dell’imposizione di tali simboli nei luoghi dell’educazione pubblica. E qui comincia una possibile riflessione sul grado di laicità di contesti statuali a sfondo culturale-religioso diverso da quello cristiano. Una riflessione lecita, però, solo a patto che si svolga in primo luogo nei confronti di noi stessi[2].
    Un significato di rinnovata drammaticità può essere attribuito oggi al simbolo del crocifisso. Gesù accettò la morte infamante sulla croce (“mortem autem crucis”, come dice Paolo[3]) non solo in segno di estrema obbedienza alla volontà del Padre, ma come assunzione su di sé della condizione umana fino alla sua versione più distante dalla “forma Dei”, che pure gli era originariamente propria. Col suo martirio, dunque, l’uomo di Nazareth assunse nel modo più diretto la figura dell’“ultimo”, facendo proprio del servo, del povero, del perseguitato, del non-cittadino (della donna, del parvulus, dello straniero lasciato dolente al margine della strada, del lebbroso, del peccatore e persino dell’adultera o del ladrone), il suo pari, il suo erede e la sua immagine vivente, il primo che ascenderà con lui alla gloria del Padre.
    Proprio in questo suo significato specifico, che è ovviamente religioso ma che può essere riconosciuto nella sua validità universale anche da chi segue una fede diversa da quella cristiana o non ne professa alcuna, il crocifisso torna oggi ad assumere un’attualità che sembrava essere sbiadita e calante nella fase del trionfo della globalizzazione e del consumismo universale.
    Oggi che lo “stare ai margini” torna a farsi visibile e a offendere con frequenza crescente la pacificata sensibilità di noi abitanti del Nord-Ovest mondiale; oggi che il “respingimento” rimpiazza il dovere di una sia pur ordinata accoglienza di quanti bussano con disperata fiducia – ossimori in figura umana – alle nostre porte; oggi che sempre più spesso, nelle nostre periferie, ci capita di vedere gente che per vivere sarchia nei cassonetti la nostra spazzatura; per tacere delle famiglie gettate nell’indigenza dal venir meno del lavoro e – ferita estrema recata alla nostra buona coscienza – di quanto gli schermi televisivi ci portano in casa ogni giorno, siano piccoli dal ventre gonfio attaccati a mammelle vuote, favelas sconfinate, discariche abitate da bimbi, malati e morenti cui il “libero mercato” nega le cure, morti e mutilati ed esuli a migliaia per le mille guerre che punteggiano il pianeta.
    Oggi dunque, innegabilmente, quell’uomo nudo agonizzante su una croce torna a farsi non solo simbolo estremo di pietà e icona di un auspicato riscatto, ma anche ritratto veridico di una parte non trascurabile dell’umanità nostra contemporanea. Di un “prossimo” che è tanto più tale in quanto più lontano dal nostro benessere.
    Capita poi il caso di vedersi sbattere in faccia, come urlo disperato di una famiglia ferita a morte dalla fine imposta al più fragile – e più amato – dei suoi membri, un “crocifisso” di carne, immagine carpita dalla pietà d’un necroforo in un obitorio, denuncia di un’ingiustizia senza pari e insieme richiesta di una giustizia che al giovane non potrà ridare la vita, ma ai Cucchi e a tutti noi potrebbe restituire un briciolo di fiducia. Capita di vedere nei giornali la foto di Stefano Cucchi, trentenne anoressico della periferia romana, pescato dai carabinieri nel Parco degli Acquedotti con un pizzico di droga fra le mani, catturato e fatto sparire per poi restituirlo cadavere, vertebre lombari spezzate e occhi tumefatti.
    Capita di formulare pensieri che altri casi pur altrettanto dolorosi non suscitano. Di pensare non solo all’ingiustizia, alla violazione di legge commessa da chi ha negato a quel giovane affidato alla sua custodia il diritto fondamentale alla difesa e quello altrettanto inalienabile al contatto con i familiari. Ma anche e prima di tutto a coloro che su quel Cristo degli Acquedotti, già consunto da un malessere profondo e interminabile, hanno calato colpi spietati, senza sentire nemmeno la forza della più elementare compassione frenargli la mano. Un po’ come dovette accadere per gli scherani di Pilato quando flagellarono Gesù alla colonna. E capita, allora, di chiederci a che punto la gogna imposta al marginale, al “drogato”, possa fungere da oppio per le coscienze di coloro che, nel garantirci l’“ordine”, dovrebbero sempre, in pari tempo, rammentare che quell’ordine non appartiene solo a chi sta “dalla parte giusta”, ma a tutti. A tutti, senza eccezione. Compresi i drogati anoressici (ma forse questo il sottosegretario Giovanardi, cattolico praticante, non lo sa: nel suo caso, però, l'ignoranza è non una scusante, ma un'imperdonabile aggravante). .
    La circostanza che il povero Cucchi fosse (o fosse stato) un tossicomane, da tempo in lotta per liberarsi dalla dipendenza, spinge a svolgere qualche considerazione proprio sull’argomento “droga”. È probabile che le sue abitudini di consumo e le loro conseguenze sulla psiche e sul comportamento contribuissero ad aggravare la sua già radicata debolezza, la sua “anomalia”, magari anche a scatenare una sua scomposta ribellione di fronte all’arresto. Ed è possibile che il bisogno di procurarsi le sostanze spingesse il giovane a comportamenti contrari alla legge, come lo spaccio.
    C’è da chiedersi tuttavia se in alcuni casi – o forse nella maggior parte di essi – non sia proprio la proibizione a confinare l’insieme delle “droghe” che ne sono oggetto nella sfera dell’economia criminale. Nella quale non possono evitare di essere coinvolti, dunque, gli stessi consumatori. E’ un circolo vizioso ben noto, il cui permanere ha contribuito in misura importante – talora determinante – a conferire alle varie mafie (dominatrici incontrastate di quell’economia) il formidabile potere di cui dispongono.
    Chi visiti il famoso mercato dei fiori di Amsterdam potrà trovare in vendita sui banchi multicolori, tra bulbi di giacinto e sementi di prezzemolo, anche le buste dei semi di cannabis: indispensabili per coltivare sul balcone le proprie piantine di marijuana. L’Olanda è uno dei paesi fondatori dell’Unione Europea: fa parte da oltre mezzo secolo del nostro stesso mercato unico. Allora i casi sono due: o gli olandesi sono una banda di criminali dediti alla diffusione delle tossicomanie fra i nostri giovani, oppure è stolta e criminogena la proibizione di un’erba che di per sé non ha mai ucciso nessuno. Ma per il possesso della quale, dato che si tratta di una sostanza vietata, si può venire arrestati e, se si è particolarmente deboli e sfortunati (e magari troppo ostinati nel pretendere di parlare con il proprio legale), si può essere restituiti alla famiglia sotto forma di cadavere.

    Silvio Verde


    Al peculiare rapporto tra la nazione Italia e la Chiesa cattolica, e alle caratteristiche differenti che tale rapporto assume da noi rispetto ad altri paesi europei pure di analoga tradizione, è dedicato uno studio pubblicato in questo sito alcuni anni or sono, a cui mi sia consentito rinviare

    [2] L’uso di paralogismi per sostenere le proprie traballanti ragioni non è un’esclusiva dei dibattito su materie di carattere, o comunque a sfondo, religioso. Se ne trovano esempi tutt’altro che rari, per esempio, anche nel discorso politico. Si prenda il caso dell’on. Rutelli, apprezzato ex sindaco di Roma di cui è nota la tendenza a trasmigrare (politicamente parlando) di casa in casa: dai Radicali ai Verdi alla Margherita al PD e ora nei pressi dell’UDC di Casini. Tutte le volte con incarichi di primario rilievo.

    In occasione del suo abbandono della casa democratica, a chi aveva ricordato questi suoi trascorsi vagabondi l’ottimo Rutelli ha ribattuto citando la serie di cambi di casacca che caratterizza molti esponenti del PD: dal Pci al PDS ai DS al medesimo PD. Giusto. Ma con una piccola differenza rispetto al nomadismo dell’ex segretario di… quasi tutto: che questi ultimi partiti si sono via via sciolti, cosicché la trasmigrazione dei loro aderenti non è stata, come tale, una scelta individuale, ma una necessità inderogabile (fermo restando che ciascuno di essi ha potuto di volta in volta scegliersi questo o quel nuovo domicilio politico, oppure senz’altro rinunciarvi). Mentre le ripetute migrazioni rutelliane non sono state imposte da nulla e nessuno, ma sono state semplicemente il frutto della vocazione transumante del Nostro: vocazione che in qualcuno può suscitare anche simpatia, ma non gli rende lecito attribuire ad altri tendenze tipicamente sue.

    Tendenze di cui – magari – sotto sotto lo stesso Rutelli non va propriamente fiero. Tanto da sbottare, come i bambini pizzicati con le dita nella marmellata: “e tu, allora…”.

    [3] Filippesi, II, 8
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    Presentato a Loreto al convegno "Fede e tecnologia" il nuovo social network
    oratorio raggiungibile via internet con pc o smart phone

    La preghiera diventa digitale
    E il rosario si potrà recitare online


    di ORAZIO LA ROCCA


    CITTA' DEL VATICANO - Chi ha fede in qualsiasi religione può pregare da solo, in gruppo, durante grandi e piccole celebrazioni. E' sempre stato così. Ma da oggi c'è una novità perché che ha fede pregare anche on line, via Internet, con la recita di un rosario digitale attraverso il nuovissimo Social network della preghiera presentato in uno dei luoghi simbolo della fede cattolica e mariana, il Santuario della Santa Casa di Loreto, ogni giorno meta di migliaia di fedeli provenienti da tutto il mondo per sostare e pregare davanti ad una miscola casupola in pietra che secondo la tradizione fu l'abitazione della Madonna a Nazareth.

    Si tratta, in sostanza, di un nuovo modo di pregare collegandosi alla rete delle reti, accessibile dagli smart phone o via pc. E' un innovativo strumento di preghiera ideato da Euro Digital Equipment srl in collaborazione con la Delegazione Pontificia per il Santuario della Santa Casa di Loreto. E' stato presentato nell'ambito del convegno "Fede e Tecnologia: una convergenza a sostegno della preghiera" svolto proprio nel Palazzo Apostolico di Loreto.

    La simbolica "benedizione" del progetto l'ha data, significativamente, l'arcivescovo di Loreto, monsignor Giovanni Tonucci, secondo il quale si tratta di "un utile strumento di preghiera che può servire anche per accompagnare le persone sole, i malati e tutti coloro che desiderano sentire d'essere in preghiera insieme con gli altri".

    Il progetto è stato varato dopo una fase sperimentale. "All'inizio, un anno fa - spiega l'arcivescovo -, si è sperimentato il rosario elettronico, un piccolo apparecchio che io stesso porto con me in macchina. E' stato un successo, così si è pensato di aprirsi a nuovi orizzonti, attraverso i cellulari: in fondo anche l'uso della corona per recitare il rosario fu un primo passo tecnologico, e ora ne compiamo un altro a sostegno della preghiera".

    Per Vincenzo Coccoli, responsabile del progetto realizzato dal gruppo Moretechnology, "è un innovativo sistema digitale di supporto alla fede, concepito per mettere contemporaneamente in contatto più persone e dar loro la possibilità di aggregarsi in gruppi di preghiera".

    Accessibile gratuitamente all'indirizzo www. prexcommunion. com e a pagamento dai cellulari più evoluti o dagli Smart-Phone, il sistema consente infatti di recitare insieme ad altri fedeli, coma una virtuale comunità religiosa, il Santo Rosario.


    http://www.repubblica.it/2009/11/sezioni/c...rio-online.html
     
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  10. dango
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    Torna alla dignità delle cronache il problema dei sacerdoti pedofili con un'intervista rilasciata da un magistrato milanese, il quale dice cose veramente preoccupanti:

    Nei tanti anni in cui ho trattato l'argomento non mi è mai arrivata una sola denuncia, nè da parte dei vescovi nè da parte dei singoli preti e questo è un po' strano». Forno aveva spiegato al quotidiano di via negri che «la lista dei sacerdoti inquisiti per reati sessuali non è corta», ma in nessun caso la denuncia è partita dall'ambiente ecclesiastico, bensì dai familiari delle vittime «dopo che si sono rivolti all'autorità religiosa e questa non ha fatto assolutamente niente». Con episodi così numerosi, il procuratore aggiunto avanza anche un dubbio: «che ci siano sacerdoti che scelgono di fare i sacerdoti perchè è oggettivo che nella scelta del sacerdozio c'è un'enorme facilitazione nell'avvicinare le vittime». Non solo, conclude, i colpevoli «non vengono cacciati, ma nemmeno messi nelle condizioni di non nuocere più»

    qui il resto dell'articolo (dal corriere.it)

    E dopo la dichiarazione, il Ministro Alfano, gli ha mandato gli ispettori....sempre più netto l'asse governo-Chiesa!! :wallbash.gif: :wallbash.gif:
     
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  11. laura^
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    IL CASO PEDOFILIA

    "Gli attacchi a Benedetto XVI
    ricordano l'antisemitismo"

    http://www.corriere.it/cronache/10_aprile_...44f02aabe.shtml

    qui rasentiamo la follia....

     
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  12. dango
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    Ma roba da matti!! Adesso chiedere ragione del perchè è stato coperto un crimine odioso è diventato perseguitare... e si, perchè secondo loro basta fare il mea culpa e stiamo a posto. Be' mi spiace, ma non basta..
     
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  13. stemil
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    certo che di difendere gli innocenti non ne parlano proprio, procrearli i bambini SI, a tutti i costi, ma difenderli... ma sarà che tutta sta smania di procreare serve a permettergli di avere carne fresca???
    devono difendere solo il loro potere, se tornasse Gesù Cristo secondo me sarebbero i primi a invocare la Crocefissione.
    sarà ma così iol lavoro dei veri sacerdoti ( e ce ne sono tanti) viene distrutto e infangato dai loro superiori o loro simili.
     
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  14. dango
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    CITAZIONE (stemil @ 2/4/2010, 23:13)
    certo che di difendere gli innocenti non ne parlano proprio, procrearli i bambini SI, a tutti i costi, ma difenderli... ma sarà che tutta sta smania di procreare serve a permettergli di avere carne fresca???

    Okkio che Alfano ti manda gli ispettori... ^_^
     
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  15. patna
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    Concordo con Ste - il comportamento esecrabile di certi sacerdoti rovina lo splendido lavoro fatto da chi ha veramente la vocazione nel cuore
     
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45 replies since 2/9/2008, 18:15   373 views
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