Riforme Istituzionali

sara' la volta buona???????

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  1. laura^
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    Calderoli al Quirinale con una bozza del progetto al quale lavorano Lega e Pdl
    Il premier: "Siamo per il semipresidenzialismo ma aperti al confronto"
    E Berlusconi apre all'opposizione
    Napolitano: "Serve larga condivisione"
    Bersani: "Subito il Senato federale"



    http://www.repubblica.it/politica/2010/04/...-regia-3175540/
     
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  2. ErTigre
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    in attesa delle spiegazioni di qualcuno..

    Basta con il gossip e le polemiche: la politica torna ai contenuti. Stasera l'ufficio di Presidenza del Pdl affronterà i cambiamenti fiscali e costituzionali in agenda. Bersani apre: parliamone! QUI
     
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  3. laura^
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    CITAZIONE (ErTigre @ 8/4/2010, 11:14)
    in attesa delle spiegazioni di qualcuno..

    Basta con il gossip e le polemiche: la politica torna ai contenuti. Stasera l'ufficio di Presidenza del Pdl affronterà i cambiamenti fiscali e costituzionali in agenda. Bersani apre: parliamone! QUI

    tu ci credi? :huh:

    ottimista :rolleyes:
     
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  4. dango
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    Prendendo spunto da questo brano tratto dall'articolo postato da Laura:

    La bozza del progetto. Secondo quanto riferito da chi ha potuto vederle, la forma di governo dovrebbe virare verso un semipresidenzialismo "corretto" alla francese. Scompare il bicameralismo perfetto e arriva il Senato federale, portandosi assieme la riduzione del numero dei parlamentari. Per gli attuali senatori a vita, ci sarebbe invece il passaggio a 'deputati a vita': carica che però dovrebbe spettare solo ai presidenti emeriti, che durante il loro mandato non avrebbero più il potere di nominare altri membri a vita del parlamento. Cambia anche il meccanismo di nomina dei membri della Corte Costituzionale: il 'nuovo' presidente, con i poteri rafforzati, perderebbe il potere di indicare un terzo dei componenti, che a quel punto sarebbero indicati - sempre per un terzo - dai presidenti delle Camere. Gli altri due terzi resterebbero di competenza per metà del parlamento in seduta comune, per l'altra metà delle supreme magistrature.

    Vorrei provare a chiarire un po' i termini usati...tanto per avere ben presente di cosa stiamo parlando, dato che l'argomento non è dei più semplici.

    Chi mi da una mano?

    Comincio con Semipresidenzialimo

    da Wikipedia

    La repubblica semipresidenziale o semipresidenzialismo o "a tendenza presidenziale" è una forma di governo. In una repubblica semipresidenziale, il governo si trova a dipendere dalla fiducia di due organi designati da due differenti consultazioni elettorali, il Presidente della Repubblica e il Parlamento. Il Primo Ministro viene perciò nominato dal Presidente, ma necessita, insieme al resto del suo esecutivo, della fiducia parlamentare.

    Questa forma di governo è caratterizzata dai seguenti punti:

    * l'elezione del Presidente della Repubblica avviene con voto popolare distinto ed autonomo rispetto a quello del parlamento;
    * il potere esecutivo è condiviso con il Primo Ministro che però può essere scelto e revocato dal capo di Stato;
    * Il primo ministro ed il governo possono essere sfiduciati dal parlamento e revocati dal presidente; quest'ultimo non è ovviamente sfiduciabile
    * lo scioglimento del parlamento da parte del Presidente della Repubblica avviene nei limiti costituzionali.

    Il termine semipresidenzialismo, coniato nel 1978 dal politologo Maurice Duverger[1], può trarre in inganno, in quanto tale forma di governo non è semplicisticamente da intendersi come un presidenzialismo attenuato: mettendo da parte i periodi di coabitazione, in questo sistema il Capo dello Stato gode di alcuni poteri che non vengono invece accordati nel modello americano, come il diritto di consultazione popolare referendaria o l'iniziativa legislativa o lo scioglimento delle Camere. Gli obiettivi di questa forma di governo sono la diminuzione della rigidità del sistema presidenziale, senza i problemi legati alla partitocrazia che sovente sorgono quando non si raggiunge una maggioranza forte in un sistema parlamentarista. Questo sistema fa sì che il presidente abbia la possibilità di indirizzare politicamente il governo e di non essere solo un garante al di sopra delle parti.

    Un esempio di repubblica semipresidenziale: la Francia

    SPOILER (click to view)
    Un esempio di Repubblica semipresidenziale è la Francia. In questo paese, il modello semipresidenziale fu introdotto dal generale Charles De Gaulle nel 1958, in concomitanza con la crisi della Quarta Repubblica Francese e della guerra in Algeria; con tale riforma, ha inizio infatti la c.d. Quinta Repubblica Francese. Il sistema, che all'epoca prevedeva l'elezione del capo di Stato da parte di un organo appositamente costituito, nacque come una forte razionalizzazione della costituzione della Quarta Repubblica, con cui si tendeva porre termine all'instabilità della forma di governo parlamentare che fino ad allora era vigente. Il sistema fu perfezionato nel 1962 con una successiva modifica costituzionale che introduceva l'elezione a suffragio universale del Presidente.

    Sebbene il Presidente sia eletto direttamente dai cittadini e non sfiduciabile, egli non è titolare esclusivo del potere esecutivo, dovendolo condividere con il Primo ministro. Il Premier, nominato dal Presidente della repubblica, deve avere per il suo governo la fiducia, o almeno il tacito assenso, da parte del parlamento. Il presidente può sciogliere l'Assemblea Nazionale, mentre il parlamento non può sostituire il presidente anche se può metterlo in stato d'accusa per motivi giudiziari.

    Qualora il parlamento presenti una maggioranza parlamentare di colore politico diverso da quello del presidente, evento verificatosi nel 1986 e 1993 sotto la presidenza Mitterrand, e nel 1997 con Chirac, si instaura una forzata coabitazione tra presidente e un premier a lui ostile.


    Semipresidenzialismo e partitocrazia

    SPOILER (click to view)
    Se l'attuale modello di governo semipresidenziale è quello francese, i primi casi storici di tale ordinamento possono essere considerati le Costituzioni della Repubblica di Weimar in Germania e della neo-indipendente Finlandia, fra loro coeve. A queste può aggiungersi la Costituzione dell'Irlanda. In tal senso era congegnata anche la Costituzione della Repubblica d'Austria. Sull'esempio francese poi, nella seconda metà e nella fine del Novecento, fu adottato in Portogallo e in numerose repubbliche ex-sovietiche.

    Tuttavia, col passare degli anni, la pressione dei partiti politici presenti in Parlamento, unita alla debolezza di taluni presidenti e ad una concezione imperante che vedeva in forti poteri presidenziali una minaccia alla democrazia, portò ad un indebolimento de facto delle possibilità d'intervento e dei poteri esercitabili dal Presidente in molti paesi. Se a presidenti eletti con la forza del mandato popolare viene comunque garantita voce in capitolo in politica estera, oggigiorno molti sistemi semipresidenziali vedono la privazione del Presidente di ogni potere in politica interna, tanto che numerosi autori tendono a declassare diversi Stati, quali ad esempio la Finlandia e il Portogallo, e ad unanime consenso l'Austria, a repubbliche parlamentari, nonostante la loro diversa origine storica.

    Se in una prospettiva storica, dunque, la linea di demarcazione fra i sistemi semipresidenziali e quelli parlamentari era giuridicamente individuabile nell'elezione diretta o parlamentare del presidente, al giorno d'oggi appare più opportuno adottare un criterio politico, analizzando a quale dei due organi, il presidente o il Premier, venga affidato il compito di rappresentanza dello Stato nei massimi consessi politici internazionali. Nell'ambito dell'Unione Europea, ad esempio, nonostante numerosi paesi prevedano l'elezione popolare del proprio Capo dello Stato, solo la Francia - oltre al caso puramente presidenzialista di Cipro - viene rappresentata dal proprio presidente nel Consiglio Europ


    in America vige il presidenzialismo e non il semi-presidenzialismo

    Presidenzialismo

    SPOILER (click to view)
    La repubblica presidenziale è una forma di governo in cui il potere esecutivo si concentra nella figura del Presidente che è sia il capo dello Stato sia il capo del governo. Generalmente è eletto direttamente dai cittadini e forma il suo governo; essendo capo di stato non ha bisogno di voto di fiducia parlamentare anche perché, avendo già ottenuto il voto della maggioranza dei cittadini tramite il loro voto, non ha bisogno della fiducia dei loro rappresentanti. La legittimazione attraverso il voto conferisce al presidente una chiara superiorità rispetto ai suoi ministri, non sempre rimarcato nei sistemi parlamentari.

    La legittimazione popolare seppure indiretta pone il Presidente dell'Unione nella condizione, almeno per quanto riguarda gli Stati Uniti, di poter sostituire, o comunque costringere alle dimissioni, i ministri. Tale prerogativa è una garanzia per quella che viene definita "accountability", cioè il rendere conto all'elettorato di quello che si è fatto mentre si era al governo: infatti l'unico responsabile della scelta dei ministri è il Presidente dell' Unione, e dunque è lui l'unico responsabile di eventuali scelte "infelici". Anche se comunque principalmente per ogni problema legato ad un singolo Stato agisce un Governatore, una sorta di presidente regionale, e poi successivamete se diventa un caso nazionale (quindi federale) viene chiamato in causa il presidente.

    La durata dei mandati sia del presidente, quadriennale, che del parlamento, biennale, è fissa: il governo non può sciogliere il parlamento, ma questo a sua volta non può sfiduciare il presidente, in quanto entrambi gli organi costituzionali traggono la loro legittimità da due diversi voti popolari. L'assemblea può comunque mettere in stato d'accusa il presidente per attentato alla Costituzione, quello che si usa chiamare "impeachment", il quale tuttavia, si badi bene, non è un'azione politica ma un'azione giudiziaria.

    Il potere legislativo è affidato al Congresso: il presidente non può introdurre disegni di legge, se non appoggiandosi in sua vece a deputati del suo partito. Il parlamento può approvare disegni di legge che però possono essere bloccati dal presidente, grazie al suo potere di veto, per superare il quale l'assemblea ha bisogno di una maggioranza qualificata di due terzi. Le nomine dei funzionari federali, ministri compresi, sono operate dal presidente dietro approvazione del Senato.

    La struttura federale dell'ordinamento nordamericano e il frequentissimo ricorso a strumenti di consultazione popolare diretta sono un'ulteriore garanzia democratica contro abusi di potere e derive plebiscitarie del Presidente in particolare e del Governo centrale in generale.
     
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  5. dango
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    Continuo con il Senato Federale; fermo restando che non è ancora stata presentata una precisa proposta da parte del centro-destra e supponendo che vengano riprese le istanze dei referendum 2006...ho trovatoquesto sito in cui la questione della fine del bicameralismo perfetto e delle differenze tra Senato e Senato Federale sono spiegate abbastanza chiaramente.

     
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  6. Ireth74
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    Granata: riforme discusse in Parlamento e non a cena

    L'ex An vicino al presidente Fini: "Noi non ci facciamo mettere all'angolo. Se il Pdl si appiattisce sul carroccio è un errore"


    "Gli unici che hanno le carte in regola per guidare le riforme istituzionali sono Silvio Berlusconi, in quanto presidente del Consiglio e Gianfranco Fini, come presidente della Camera". Chiarissimo Fabio Granata, uomo di "certa fede" finiana. Che non ci sta a farsi mettere nell’angolo da nessuno. E che, facendosi forza dei tre anni da qui alle prossime elezioni, insiste sul confronto e sulla dialettica necessarie all’interno del Pdl. D’altra parte, sulla partita delle riforme, sembra giocarsi davvero il futuro degli equilibri interni al centrodestra e nessuno ci sta a rimanere indietro. Se la Lega rivendica il ruolo di timoniere, lo stesso Berlusconi vuole per sè la cabina di regia. D’altra parte, il Cavaliere e Bossi si considerano i veri e propri vincitori delle elezioni. Ma i finiani a rimanere fuori non ci stanno: "Noi abbiamo stravinto le elezioni, come Pdl. E Fini ha contribuito a questo risultato", spiega Granata. Sì, perché, "il problema non è che cosa fa la Lega, che può combattere qualsiasi battaglia. Il problema è come si pone il Pdl: se vuole appiattirsi sul Carroccio, noi diciamo che è un errore politico. E continueremo in Parlamento a portare avanti le nostre posizioni, a cominciare dai diritti civili e dai temi etici". Granata non commenta il retroscena pubblicato dal Riformista, e poi smentito da Palazzo Chigi, a proposito della cena tra Berlusconi e Bossi di martedì sera, secondo il quale Berlusconi avrebbe detto "non ho alcuna voglia di vedere Gianfranco. È lui il vero sconfitto delle elezioni regionali".

    Però ribadisce quello che Farefuturo, la fondazione vicina al Presidente della Camera ha scritto in un editoriale pubblicato lo stesso martedì, che si è attirato non poche polemiche: "Non moriremo leghisti". Perché "noi abbiamo un’altra cultura, un altro linguaggio. E serve un confronto al nostro interno, che deve passare per quello dei co-fondatori, Fini e Berlusconi". Intanto, per oggi FareFuturo ha organizzato un convegno sulla "quinta Repubblica francese". Come spiega il segretario della Fondazione, Urso, "il semipresidenzialismo francese, anche per quanto riguarda il peso del presidente della Repubblica e i suoi contrappesi di governo e parlamentari, rispecchia un sistema coalizionale e bipolare per molti versi simile a quello della realtà sociale e politica italiana. E’ comunque un modello di studio che non intendiamo certo imporre ma solo e giustamente proporre per discutere dentro il Pdl". Esplicita Granata: "Sulle riforme, alla fine, sono più o meno tutti d’accordo. Il punto dunque non è il merito, ma il metodo". E allora, "noi ricorderemo il fatto che le riforme si fanno in Parlamento e non in vertici o cene, a 2, 3 o 4, qualsiasi siano i componenti". In questo senso "come Presidente della Camera tocca a Fini il coordinamento delle riforme".

    Senza contare che "storicamente il tema del presidenzialismo appartiene alla destra storica, e quindi è proprio l’ex segretario di An il suo più antico sostenitore". Se Farefuturo si è esposta in prima persona, ieri è entrata in campo anche Generazione Italia, il nuovo think-tank di area finiana: il Pdl deve dettare l'agenda delle riforme, non solo quelle istituzionali ma anche della legge elettorale e della politica fiscale. Lo scrive il senatore del Pdl Giuseppe Valditara, in un editoriale. "Dalle prossime riforme istituzionali - scrive Valditara - usciranno gli equilibri politici della Terza Repubblica. Sono in gioco semipresidenzialismo, eliminazione del bicameralismo perfetto, riforma della legge elettorale, diminuzione del numero dei parlamentari, aggiustamenti all’art.117 della Costituzione in tema di riparto di competenze fra Stato e Regioni, riforma costituzionale della giustizia - con in primo luogo la riforma del Csm - e senza trascurare quella della Corte Costituzionale, riprendendo magari quanto già votato ai tempi della devolution".

    Da il Fatto Quotidiano dell'8 aprile
     
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  7. ErTigre
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    Novità da Fini.. ma attenzione è la vecchia idea di spezzaferro D'alema: sarà davvero il Sor Gianfranco il novo leader che il pd sta cercando ;) ?
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    "Bene il modello fancese ma cambiare
    la legge elettorale, serve doppio turno".
    Ma il sistema non convince Berlusconi

    La Lega insiste: con il Pd trattiamo noi
    ROMA
    Gianfranco Fini torna a piantare paletti nel centrodestra. Stavolta sulle riforme istituzionali. Per il presidente della Camera, infatti, il passaggio al semipresidenzialismo in salsa francese non può «prescindere» dall’introduzione di una nuova legge elettorale che, a suo dire, dovrebbe ricalcare quella d’Oltralpe attraverso un «maggioritario con sistema uninominale a doppio turno». Solo così, sostiene l’ex leader di An, si «rafforzerebbe il sistema bipolare».

    Posizione che, ancora una volta, si trova in rotta di collisione con quella di Silvio Berlusconi. Il premier non replica ufficialmente ai suggerimenti di Fini, ma i suoi fedelissimi chiariscono che al Cavaliere il doppio turno continua a non piacere. Il modello francese, a detta del presidente del Consiglio, porta con sè due controindicazioni: la complessità, visto che comporta il ritorno degli elettori alle urne, con il conseguente rischio di un aumento dell’astensione, soprattutto nel centrodestra. E l’eccessiva onerosità. Insomma, per dirla con Fabrizio Cicchitto, il dobbio turno è l’unico sistema da «scartare». Anzi, gli fa eco Maurizio Gasparri, l’attuale sistema di voto è «assolutamente valido».

    Insomma, fra Fini e Berlusconi le acque sembrano destinate ad agitarsi di nuovo. Il braccio di ferro, al di là del merito, è evidentemente politico. L’impressione, almeno stando alle voci che si raccolgono in Transatlantico, è che il presidente della Camera stia cercando di rompere il patto di ferro fra il Cavaliere e la Lega. Tanto che, sempre in ambienti finiani, si sottolinea come l’incontro fra Fini e Roberto Calderoli abbia già dato i suoi frutti: le stesse fonti sostengono infatti che circoli già una nuova ’bozzà di linee guida per le riforme istituzionali in cui il ministro della Semplificazione avrebbe inserito il doppio turno. Circostanza che non trova conferme in ambito leghista, ma che sembra dimostrare il tentativo del presidente della Camera di uscire dall’angolo, magari proprio attraverso una trattativa con il Carroccio sul sistema elettorale.

    La Lega, intanto, rivendica un ruolo di primo piano nell’ammodernamento del Paese: «A trattare con l’opposizione ci pensiamo noi», ammonisce il leader Umberto Bossi. Mentre il ministro Roberto Maroni sottolinea come il Carroccio sia ’il motore delle riforme«. Eppure - al di là degli slogan e nonostante la ’fuga in avantì di Calderoli e gli ammiccamenti del premier all’Udc di Pier Ferdinando Casini - , l’asse Berlusconi-Bossi sembra più solido che mai. Al contrario, fra berlusconiani e finiani si riaccendono le polveri. Come dimostra il duro scontro fra Vittorio Feltri e il Secolo d’Italia, con il primo che dice al secondo di »accontentarsi di non essere ancora morti« ed il quotidiano vicino all’ex leader di An che replica: »Tranquillo, resteremo vivi se non altro per non farti passare per iettatore«.
    www.lastampa.it/redazione/cmsSezion...53954girata.asp


    mentre Napolitano mette fretta: Fatela mentre ci sono ancora io ^_^
    CITAZIONE
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    Appello di Napolitano per le riforme:
    "Non sprechiamo questa legislatura"
    Il Capo dello Stato: occasione storica

    VERONA
    «Non sprechiamo questa legislatura che finirà insieme al mio mandato al Quirinale. Facciamo le riforme, discutiamone e realizziamo quelle effettivamente necessarie», dice Giorgio Napolitano a Verona, mettendo al primo posto il federalismo fiscale. Parole che fanno registrare una immediata, entusiasta sintonia con gli amministratori leghisti, il sindaco Flavio Tosi e il neo-governatore del Veneto Luca Zaia che si è spinto a paragonare questo capo dello Stato al sole splendente.

    Napolitano è venuto in questa città dove la Lega Nord e le parole d’ordine federaliste hanno una forte presa proprio per dire che il cammino che immagina per le riforme comprende anche le istanze che qui sono più avvertite. «Per difendere l’unità nazionale - ha detto - è necessario sviluppare tutte le componenti delle autonomie previste dal nostro ordinamento». La Repubblica, ha ricordato, è nata con la Costituzione del 1948 che ha previsto le Regioni, ha definito lo Statuto di cinque di esse. «Poi si è lavorato fra alti e bassi per costruire uno Stato che non fosse più centralistico», ha detto ricordando che una tappa decisiva è stata la riforma del Titolo V della Costituzione e che è sua convinzione che il cammino riformatore «deve continuare attorno al nucleo di quella riforma con il federalismo fiscale da integrare con altre riforme».

    Ci sono riforme, ha aggiunto, che aprono un nuovo ciclo. Così è stato ad esempio per l’elezione diretta dei sindaci, «una riforma che ho seguito da presidente della Camera e che si è rivelata giusta, importante, che ha permesso ai sindaci di contare e di decidere molto più del passato, come ricordiamo noi anziani». E comunque, ha detto Napolitano, le riforme non si fanno mai una volta per sempre perchè «ci sono problemi delicati per i quali non basta scrivere una legge. Ad esempio occorre equilibrare i poteri del consiglio comunale rispetto a quelli del sindaco, senza fare passi indietro, ma dando lo spazio giusto al consiglio comunale». «Avere il presidente della Repubblica dalla nostra parte significa per noi vedere il sole», ha detto il ministro Zaia dopo aver salutato Napolitano in Prefettura. Poi, in consiglio comunale, fra il sindaco Tosi e Napolitano è stato quasi un duetto. «Mi sono messo la cravatta per una doverosa penitenza dopo la vicenda della foto» ha detto Tosi che solo di recente ha riappeso la foto ufficiale del capo dello Stato nel suo studio.

    Napolitano gli ha risposto con una battuta scherzosa. Ma soprattutto ha sottolineato alcuni passaggi del suo discorso in cui si chiede una riforma federalista che produca uno sviluppo armonico di tutto il Paese, una riforma in senso equo e solidale, «come chiede lei, signor presidente». Napolitano ha corrisposto dicendosi confortato nel vedere che il difficile lavoro che fa per tenere unito il Paese, per essere equilibrato, imparziale e rigoroso, poi sia condiviso, al pari di altri importanti valori come l’uguaglianza di opportunità e la solidarietà, che sono la base storica della vita comune di noi italiani. All’entusiasmo di Tosi, Napolitano ha corrisposto con un mea culpa da «meridionale»: è vero, come lei signor sindaco ha detto, che gli sprechi di risorse nel Mezzogiorno non sono colpa dei cittadini ma della classe politica che li amministra. Ma è anche vero, ha aggiunto Napolitano, che il livello della vita nelle regioni del Nord è superiore perchè i cittadini sono più esigenti ed hanno quel senso civico che è indispensabile per fare funzionare la cosa pubblica.
    www.lastampa.it/redazione/cmsSezion...53942girata.asp

     
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  8. ErTigre
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    Tremonti spiega a Santoro il federalismo fiscale

    Nell'arena di raidue il ministro dell'Economia resiste agli agguati mediatici e riesce a illustrare con chiarezza il suo progetto di riforma dell'Economia. La sfida: "Vogliamo tenere unito un Centro-Nord che compete in Europa e un Sud che va indietro"
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    Roma - Il titolo è «un po’ ironico, un po’ serio», premette Michele Santoro. Bugia che il gran buio dello studio non basta a nascondere, perché il titolo ricalca con malizia feroce un film di successo a Cannes e nelle sale, «il Profeta»: storia dura di un giovane che fa carriera in carcere partendo come «servo» di un boss corso. Ma si sa: quando il gioco si fa duro, i duri cominciano a giocare e in campo ieri sera ad Annozero c’è un Giulio Tremonti tonico e pronto alla battuta di spirito come a quella di peso. Così provvede subito ai puntini sulle «i»: «Prevedo il futuro? Difficile, meglio cercare di far capire il presente».

    Il ministro non molla la guardia un attimo: s’aspetta che Santoro le provi tutte per «mettermi in difficoltà». «Non c’è manovrina, mi dispiace deluderla», rintuzza al primo round. E affonda con il temibile gancio destro: «Lo dico soprattutto in virtù dei suoi elevati redditi...». È capace di prevenirlo (un po’ profeticamente), regala «colpi di buonsenso e intelligenza » a conduttore e ospiti della serata, in parti uguali. A cominciare dall’onnipresente Gad Lerner, la cui lunga esposizione socio-ideologica - «la sta buttando in politica», avverte il ministro- finisce polverizzata: «Sembra di stare sul lettino dello psicanalista».

    Sotto il bulldozer finirà anche Marco Travaglio, che alla fine del suo sermoncino si sente investire dalla domanda «innocente » del professore, ormai a suo agio, perfido come si conviene: «Mi scusi, Santoro, ma non l’avevate licenziato? Avevo sentito di un divorzio fra voi due...». Ma se Michele batte e ribatte sul chiodo della crisi economica (replica: «Guardi che lo so che c’è la crisi, non è uno scoop, ma la nostra logica di contenimento ha funzionato e andremo avanti così»), la pietanza più piccante della puntata è il federalismo fiscale, la riforma delle riforme.

    Il ministro dell’Economia, vero crocevia dei costi di attuazione, spiega senza peli sulla lingua perché «il federalismo o è fiscale o non è». E chiarisce: «Oggi siamo di fronte a un meccanismo che non sta in piedi, peggio che irresponsabile. Un sistema nel quale i poveri delle regioni ricche finanziano i ricchi delle regioni povere ».

    Situazione antica, esplosa però per colpa della riforma del titolo quinto della Costituzione «voluta dal governo di sinistra, che ha regalato alle Regioni un enorme potere di spesa senza alcun dovere di presa». Errore fatale: la nostra finanza statale ne è uscita a pezzi, essendosi alimentatala possibilità,daparte degli enti locali, di spendere «in maniera dissennata», senza alcun controllo. Men chemenodaparte dei cittadini, conilvotochepunisceamministratori irresponsabili, inefficienza e spese folli. Proprio per il suo effetto «moralizzatore» Tremonti consideraessenzialeilfederalismofiscale. «Moralizzi la spesa e la rendi efficiente, sottoponendola al controllo dei cittadini, anche nel caso che, incassando poco localmente sia costretto a spendere molto ».

    Il secondo effetto benefico della riforma sarà, dice il ministro, la «riduzione dell’evasione fiscale che è pari al Nord e al Sud». Difficile poter scovare la gran mole di cittadini italiani che, «in maniera illogica», dichiarano quasi nulla al fisco ma vivono alla grande. Tanto che «gli italiani sono più ricchi dell’Italia ». Comuni, Province, Regioni hanno invece tutto l’interesse a ridurre l’evasione fiscale: «Con otto milioni di partite Iva non bastano infatti solo gli uffici centrali e statali, serve anche il pilastro locale e quello dei comuni, che meglio conoscono la realtà economica».

    Il Paese, aggiunge Tremonti, continua a essere «due volte diviso: un Centro-Nordche se la batte con le regioni più ricche d’Europa e un Sud che invece va indietro. Ma noi vogliamo tenerlo unito». Il ministro rintuzza le accuse sull’eventuale aumento del «gap» tra la parte povera e quella ricca del Paese e rassicura: l’avvento del federalismo fiscale «non sarà improvviso, violento, squilibrato, autoritario». E la riforma sarà attuata in «menodi dieci anni». Anzi, i primi decreti li vedremo «già entro quest’anno », e andranno a modificare anche il «patto di stabilità ».

    Un meccanismo «cambiato da Prodi», non manca di ricordare Tremonti, diventando così «patto di stupidità». Le proteste di alcuni sindaci del Nord hanno mostrato «poco buonsenso: fare casino non risolve i problemi, non consiglio questo metodo». Per una volta, anche la macchina da guerra di Santoro fa cilecca.
    www.ilgiornale.it/interni/tremonti_...ge=0-comments=1
     
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  9. dango
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    Mario, non ho visto tutto Anno Zero, ma ho postato e commentato un video di Tremonti sul topic dedicato ai Media e, personalmente, non mi ha convinto per niente.

    Sento continuamente dichiarare che il federalismo fiscale non privilegerà il ricco nord a discapito del sud...bene, ottima dichiarazione di intenti. Quando finalmente la proposta di legge sarà resa nota con chiarezza se ne riparla. Per il momento mantengo le mie riserve, disponibile però a farmi convincere del contrario.

    Inoltre, dopo aver doverosamente (:D) preso un po' di informazioni sul concetto di Presidenzialismo e Semi presidenzialismo nonchè avere fatto un ripassino sul nostro "caro" porcellum, la sola idea di avere una presidenza forte senza un potere parlamentare adeguatamente bilanciato, mi provoca notevole disagio.
    E concordo appieno con chi dice che il sistema elettorale attuale va rivisto...

    un esempio di cio' che intendo.
     
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  10. laura^
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    CITAZIONE (dango @ 9/4/2010, 18:26)
    Sento continuamente dichiarare che il federalismo fiscale non privilegerà il ricco nord a discapito del sud...bene, ottima dichiarazione di intenti.

    io Ormai mi chiedo cosa si intende per RICCO NORD.
    -_-
     
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  11. dango
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    e si....hai ragione...meglio dire "il meno povero nord" :(
     
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  12. ErTigre
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    CITAZIONE (dango @ 9/4/2010, 18:26)
    concordo appieno con chi dice che il sistema elettorale attuale va rivisto...

    un esempio di cio' che intendo.

    sono d'accordo che il sistema va rivisto, ma sono contrario al doppio turno.. è un favore a chi non è chiaro fin dall'inizio. Io personalmente abbandonerei il proporzionale e tornerei al maggioritario secco ad un turno, senza lista proporzionale.!
     
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  13. dango
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    Non sono certa che il maggioritario a un turno funzionerebbe: primo penalizza enormente i partiti minori buttandoli fuori subito e senza appello, secondo costringerebbe a stringere alleanze fin da subito creando magari coalizioni fittizie che poi non reggono alla prova del fuoco.
     
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  14. laura^
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    io sono per il doppio turno.
    come per le comunali :rolleyes:
     
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  15. dango
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    Se ho ben compreso, Mario è per il maggioritario a turno unico e Laura per il maggioritario a doppio turno (o forse sei per l'attuale proporzionale corretto?).

    Cmq volevo chiedervi su cosa avete basato i vostri pareri.
     
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14 replies since 7/4/2010, 22:25   118 views
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